Il gratuito patrocinio, oltre ad essere ora completamente gestito online, sembra davvero più efficiente.
Questo argomento sembra discostarsi dall’essenza di questo blog poiché impopolare agli occhi di chi non è addetto ai lavori, ma coloro che non possono permettersi di pagare un difensore per avere una speranza di salvarsi da una condanna altrimenti certa, devono sapere perché, almeno sino a poco tempo fa, gli avvocati iscritti nelle liste del gratuito patrocinio, o meglio, patrocinio a spese dello Stato, molto spesso rifiutano di assumere l’incarico o cercano comunque di farsi pagare in modi alternativi.
Sebbene ci sia una parte estremamente minoritaria di avvocati “mercenari” che riesce a trarne costanti e cospicui profitti, spesso in modo fraudolento, il patrocinio a spese dello Stato è più una missione che una fonte di guadagno.
Questa missione, tuttavia, non può tradursi in una beffa, perché altrimenti quella suddetta parte estremamente minoritaria di approfittatori diventerà l’unica nelle fauci della quale potranno capitare i bisognosi. Il che si traduce nel rendere inconsistente un caposaldo delle garanzie giudiziarie costituzionalmente garantite.
Ancora adesso il criterio per stabilire un compenso derivante dal patrocinio a spese dello Stato è estremamente discrezionale, anche perché, pur sussistendo dei criteri base, il giudice può liberamente discostarsene senza che il malcapitato avvocato possa avere qualcosa da ridire.
Inoltre, il procedimento di liquidazione è soggetto a termini stringenti che, pur non essendo concretamente sanzionati, di fatto possono portare ad uno stallo totale nella liquidazione, risolvibile solo con un procedimento giudiziario, oltretutto non ancora ben inquadrato e definito. In realtà sono molti i fattori che possono provocare lo stallo, persino il puro caso.
Ad ogni modo, non è mia intenzione fornire un vademecum ai miei colleghi sulle pratiche per il patrocinio a spese dello Stato, bensì di spiegare a tutti i motivi del malcontento crescente dei patrocinanti, sentimento che ha di fatto provocato i recenti interventi normativi.
Ritengo che il modo migliore per descrivere detto malcontento è quello di riportare di seguito lo stralcio di una mia mail del 21 marzo 2018 rivolta al mio Ordine di appartenenza.
Oggetto: Ennesimo episodio di svilimento della professione forense
Con la presente segnalo il mio profondo rammarico per l’esito di una legittima richiesta giudiziale di liquidazione per mie prestazioni professionali rese in regime di patrocinio a spese dello Stato […].
Il giudice [oltre a respingere il mio ricorso] ha avuto l’ardire di condannarmi persino alle spese legali, nonostante l’evidente difficoltà interpretativa da cui era in pratica impossibile prevederne a priori gli sviluppi, ma non è tutto. Oltre a ciò il giudice, come si evince nella medesima ordinanza, ha liquidato in 400 euro l’intervento del procuratore [di controparte] per un solo atto difensivo, senza nemmeno essersi presentato in udienza, con un valore della causa di circa 18.000 euro, mentre per uno dei procedimenti di cui ho chiesto in giudizio la liquidazione lo stesso giudice ha ritenuto congrua la liquidazione di 260,00 euro per l’intero svolgersi della causa avanti il medesimo tribunale di Milano, comprensivo di istruttoria, di valore indeterminabile (seppur basso e in contumacia) anche perché riguardante, oltre alla restituzione della quota sociale, inizialmente non valutabile, anche l’esclusione dalla società del mio assistito.
A questo punto chiedo l’intervento del mio Ordine di appartenenza per almeno ricevere solidarietà e conforto, estendendolo a tutti coloro che hanno commesso il grosso errore di iscriversi nell’elenco del patrocinio a spese dello Stato: inoltre esorto l’Ordine ad una maggiore attenzione verso questi problemi in qualsiasi incontro con le istituzioni.
È infatti vergognoso che a distanza di più di 10 anni dall’introduzione di questo nobile servizio a tutela dei più deboli ancora non sia possibile avere alcuna garanzia di ottenere, non dico un compenso equo, bensì quel minimo che renda ancora decorosa la nostra professione.
Purtroppo il mio Ordine non mi ha mai risposto, ma mi piace pensare che la mia mail sia stata non dico la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma almeno una goccia che ha contribuito a riempirlo.
Sta di fatto che quest’anno qualcosa è effettivamente cambiata. Confinato dal Covid nella stanza di casa mia, non potendomi spendere nei tribunali chiusi, ho dovuto fare un po’ di ordine nelle mie pratiche, scoprendo che per alcune in gratuito patrocinio non avevo ancora ricevuto non solo il compenso ma nemmeno il provvedimento di liquidazione.
Così mi sono dato da fare e ho cominciato a depositare in cancelleria degli anomali solleciti sotto forma di memorie irrituali. Se fino allo scorso anno non nutrivo alcuna speranza di ottenere un centesimo, stavolta mi sono dovuto ricredere. Nel giro di pochi mesi ho ottenuto il provvedimento e/o l’agognato bonifico, dandomi lieve conforto nel tetro buio delle prospettive pandemiche.
C’è da aggiungere che proprio oggi si è completata la telematizzazione dell’intero procedimento, fatto che alla gente comune importa meno di tutti in questa storia, visto che è di competenza esclusiva di noi avvocati, ma questa innovazione sarebbe stata cosa vana se alla base non ci fosse stata una reale efficienza nel gestire queste pratiche da parte di cancellerie e giudici.
E se lo Stato è efficiente nell’onorare il suo impegno con i difensori, non da meno i difensori onoreranno il loro impegno con i loro assistiti.