L’Agenzia delle Entrate non può più esigere il pagamento della cartella esattoriale se questa è caduta in prescrizione, anche se impugnata oltre i termini per l’opposizione.
Una volta caduta in prescrizione nel corso del procedimento di esazione, nulla può più fare l’Agenzia delle Entrate per riscuotere la cartella esattoriale, purché, come ovvio, il contribuente la impugni, seppur dopo che sia diventata definitiva. Così viene chiarito dalla CTP della Basilicata nella sentenza n. 93/2020 che ha accolto un ricorso proposto nella fase esecutiva della riscossione, quindi oltre i termini per proporre opposizione alla cartella esattoriale regolarmente notificata.
Pertanto poco importa se, intervenuta la prescrizione, la cartella viene in seguito notificata con tutti i crismi del caso.
La sentenza ha così stabilito che se in una qualsiasi fase del procedimento di riscossione interviene la prescrizione, quindi se tra un atto e l’altro trascorre un periodo di tempo previsto ad hoc, questa può essere rilevata in qualsiasi momento sino all’effettivo pagamento della cartella esattoriale.
Il periodo di tempo che determina la prescrizione varia a seconda delle violazioni che sono alla base della cartella esattoriale: la riscossione delle contravvenzioni stradali, delle sanzioni amministrative, dei contributi INPS / INAIL, nonché dell’IMU, TARI e TASI si prescrive in 5 anni.
Di conseguenza, ad esempio, se tra la notifica di una contravvenzione stradale e la notifica della relativa cartella esattoriale trascorre un periodo superiore a 5 anni, la cartella è nulla e tale nullità può essere fatta valere fino a quando il contribuente non paga, quindi anche oltre il termine previsto per impugnarla, ossia, nel caso in questione, 30 giorni dalla sua notifica.