Fa scuola la procura di Milano che archivia la querela della coppia “Ferragnez” (Fedez – Chiara Ferragni) contro il tweet che li apostrofava “idioti palloni gonfiati”: dunque le offese sui social network, anche se effettivamente danneggiano la reputazione, non costituiscono più reato?
A motivo della decisione, la procura ha ritenuto che sui social le offese “godono di scarsa credibilità” e quindi sarebbero “non idonee a ledere la reputazione”.
Questa posizione, presa alla lettera, è estremamente pericolosa.
È necessario comprendere meglio questo nuovo orientamento limandolo alla luce di altre importanti pronunce della giurisprudenza. La più rilevante, a mio avviso, è l’ordinanza n. 12012/2017 della Cassazione (sez. III civile) che ha stabilito l’importanza del contesto pubblico in cui è stata inserita l’offesa. Non è importante il numero di persone, bensì se queste fanno parte di una cerchia di conoscenze direttamente collegate con la persona offesa. In altre parole le offese hanno peso solo se possono realmente ledere la vita lavorativa o sociale di una persona.
Un contesto meno impegnato come il pubblico indifferenziato di un social network ha quindi di per sé meno rilevanza per la lesione della propria reputazione? Non si può rispondere sempre in senso positivo.
Ci sono molte sottigliezze da valutare, perché non può essere solo una questione prettamente “logistica”. Il social network non deve essere da solo un fattore scriminante. Bisogna tenere conto anche del rapporto intercorrente tra chi offende e la persona offesa. Se è un conoscente della persona offesa ad inserire un insulto nella sua pagina Facebook, soprattutto se il motivo di tale insulto è un fatto circostanziato, il reato tendenzialmente è configurabile.
Analogamente non si possono mettere sullo stesso piano personaggi famosi e persone comuni. I VIP sono già di per loro soggetti ad alcune limitazioni collegate alla loro notorietà, si pensi all’esenzione dalla loro autorizzazione a pubblicare le foto che li ritraggono (art. 97 LDA), pertanto la decisione della procura potrebbe in qualche modo inserirsi più in questa prospettiva, ipotizzando così che i personaggi pubblici, essendo notevolmente esposti al giudizio altrui e conoscendo bene gli strumenti con cui questi giudizi vengono espressi, in sostanza dovrebbero imparare a farsi scivolare addosso gli insulti di qualche sconosciuto. Non sarebbe comunque corretto un ragionamento simile, visto che, in ogni caso, la legge è uguale per tutti, ma è sempre meglio che escludere in assoluto la punibilità delle offese sui social.
Tuttavia è anche vero che, nello specifico caso dei “Ferragnez”, quindi di influencer che lavorano proprio sui social e monetizzano i consensi di quel tipo di pubblico, possano effettivamente subire dei danni da qualcuno che posta nelle loro pagine un insulto, ma dovrebbe comunque essere contestualizzato adeguatamente, poiché un semplice insulto immotivato proveniente da un signor nessuno ha effettivamente una rilevanza molto limitata per un VIP. Senza contare poi che anche il tipo di insulto va valutato caso per caso: “idioti palloni gonfiati” sembra di per sé, oltre che del tutto estranea a qualsiasi contesto, più un’astratta denigrazione che una reale offesa.
Questa distinzione non è certamente finalizzata a rendere diseguale l’applicazione della legge, piuttosto risponde all’attuale orientamento della giurisprudenza a non rendere automatiche le conseguenze morali di un illecito, obbligando le persone offese a dimostrare sempre il reale patimento subito.
Se però è un perfetto sconosciuto ad essere diffamato e/o tempestato di ingiurie, il fatto che ciò avvenga sui social non può escludere la punibilità, poiché non trattandosi di personaggi pubblici, non è possibile pensare che un social network “generalista” incuta in automatico immunità psicologica dalle offese. Per chi non conosce i social o per chi è particolarmente sensibile o indifeso come un adolescente o una persona affetta da psicosi, sentirsi insultare, dovunque si trovi, può avere effetti devastanti. In tali casi le offese sui social devono sempre costituire reato, altrimenti dovremmo ritenere che persino il cyberbullismo estremo non debba essere punito.